Con l’avvicinarsi del Natale è quanto mai utile riepilogare la disciplina degli omaggi nei suoi vari aspetti: omaggi ai clienti, in primo luogo, ma anche ai dipendenti, trattamento ai fini delle imposte sui redditi, dell’Irap e dell’Iva, omaggi da parte degli esercenti arti e professioni. Vedremo, quindi, che cos’è un omaggio, quando rientra nelle spese di rappresentanza e quando non vi rientra, e come deve  essere trattato dal punto di vista fiscale.

La definizione di L’omaggio, che sia natalizio o meno, è un dono che un soggetto fa ad un omaggio altro con lo scopo di arricchirlo, senza alcuna contropartita. È, insomma, l’oggetto di una liberalità, che è a sua volta ispirata da un animus donandi.

Proprio l’animus donandi, in effetti, caratterizza l’omaggio e lo distingue da altre fattispecie nelle quali pure si è in presenza di un bene dato ad altri senza alcuna apparente contropartita.
È il caso degli sconti o dei premi in natura: si pensi al classico “tre per due” del supermercato, oppure ad una fornitura extra offerta senza corrispettivo al raggiungimento di un certo ammontare di acquisti. È evidente che, in casi come questi, non vi è animus donandi da parte di chi cede un bene senza contropartita, poiché l’apparente omaggio è in realtà inserito in un rapporto di carattere commerciale, ed è ceduto con la finalità diretta di incrementare le vendite.

La disciplina delle Gli omaggi sono qualificati ai fini fiscali, fatta salva le dovute eccezioni come spese di rappresentanza   quella degli omaggi ai dipendenti, come spese di rappresentanza. Queste ultime trovano la loro definizione nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 19 novembre 2008, di cui dà una compiuta analisi la circolare dell’Agenzia delle entrate n.34 del 13 luglio 2009. Secondo il decreto, sono spese di rappresentanza quelle sostenute con lo scopo di migliorare l’immagine dell’impresa; esse presuppongono una forma di erogazione liberale, poiché il destinatario delle spese non è tenuto ad alcuna contropartita.

Può costituire spesa di rappresentanza una cena offerta ad un cliente, ma anche, per quello che qui interessa, un omaggio natalizio.

Per la deducibilità delle spese di rappresentanza occorre rispettare i requisiti imposti dall’articolo 108 del T.U.I.R. e dal decreto del 19 novembre 2008. Le spese devono, pertanto:

  • avere finalità promozionali o di pubbliche relazioni;
  • essere ispirate a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di

generare anche potenzialmente benefici economici per l’impresa ovvero coerenza con pratiche commerciali di settore;

  • rispettare dei limiti di congruità.

Quanto a quest’ultimo aspetto, il requisito della congruità è rispettato qualora le spese di rappresentanza siano inferiori alle seguenti percentuali dei ricavi e proventi:

  • 1,5 per cento dei ricavi e proventi fino ad euro 10 milioni;
  • 0,6 per cento dei ricavi e proventi da euro 10 milioni fino ad euro 50 milioni;
  • 0,4 per cento dei ricavi e proventi eccedenti euro 50 milioni.

Non rientrano, però, nella disciplina delle spese di rappresentanza, e non sono quindi soggette ai limiti sopra esposti, le spese per omaggi:

  • di valore unitario non superiore ad euro 50. Essi, pur integrando la fattispecie delle spese di rappresentanza, non sono soggetti ai limiti della disciplina per espressa esclusione (art. 108, comma 2, ultimo periodo, del T.U.I.R.);
  • di cui sono beneficiari i dipendenti dell’impresa, poiché manca il requisito della finalità di promozione e della ragionevolezza (che si sostanzia nella concreta possibilità, attraverso la  spesa di rappresentanza, di incrementare i ricavi).

Vediamo un esempio di applicazione del criterio di congruità rispetto agli scaglioni di ricavi e proventi individuati dal decreto.

Un’impresa con 15 milioni di euro di ricavi e proventi acquista 250.000 euro di beni da destinare ad omaggi, di cui 50.000 di valore inferiore ad euro 50 e 200.000 di valore superiore.

Per i 50.000 euro spesi in beni di valore inferiore ad euro 50 non si pongono problemi di deducibilità, perché non rientrano nel montante degli omaggi da rapportare ai ricavi e proventi.

Per gli altri 200.000 la deduzione è limitata ad euro 180.000 così calcolati:

1.5% di 10 milioni = 150.000,  0,6% di 5 milioni = 30.000  l’eccedenza di euro 20.000 non è deducibile.

Non è previsto dalla normativa un ordinario meccanismo di riporto in avanti delle eccedenze non utilizzate, per cui la spesa di 20.000 dell’esempio riportato è definitivamente persa.

Il decreto 19 novembre 2008 prevede un solo caso in cui il riporto è ammesso, ed è quello delle imprese di nuova costituzione che sostengano spese di rappresentanza in periodi di imposta antecedenti a quello di conseguimento dei primi ricavi. Queste imprese possono, infatti, riportare in avanti le spese di rappresentanza non dedotte, per cumularle a quelle sostenute nei primi due esercizi nei quali si conseguono ricavi, fermi restando i limiti complessivi del decreto.

Prendiamo ad esempio un soggetto che, per lanciare la propria attività, sostiene nell’anno di avvio (anno x) spese per omaggi da distribuire ai propri clienti per euro 18.000. In quello stesso anno non consegue ricavi e di conseguenza non può dedurre le spese di rappresentanza perché mancanti del requisito della congruità previsto dal decreto 19 novembre 2008.

Nell’anno x+1 l’impresa consegue i primi ricavi per euro 1.000.000, e sostiene ulteriori spese di rappresentanza per euro 5.000. L’importo massimo deducibile è pari all’1,5 per cento di 1.000.000, ovvero 15.000; l’importo effettivamente da dedurre si ottiene sommando ai 5.000 dell’anno x+1 parte delle spese di rappresentanza dell’anno x (evidentemente per

10.000).

Resterebbero non dedotti ancora 8.000 euro dell’anno x.

Nell’anno x+2 questo importo sarà cumulato alle spese sostenute nell’anno, e potrà essere dedotto se rientra nei limiti percentuali del decreto.

Nell’anno x+3, invece, saranno deducibili solo le spese di rappresentanza sostenute nel periodo.

 

GLI OMAGGI DI VALORE UNITARIO NON SUPERIORE A 50 EURO

Gli omaggi di beni di valore non superiore ad euro 50 sono sempre deducibili dal reddito d’impresa, a prescindere da chi ne sia il destinatario (vedremo in seguito la disciplina specifica per il caso in cui destinatario dell’omaggio sia un dipendente, circostanza che comunque non pregiudica la deducibilità dell’omaggio).

Le questioni più interessanti che si pongono riguardo la determinazione del valore dell’omaggio, al fine di stabilire se esso sia o meno superiore ad euro 50, sono due.

La prima riguarda il caso in cui l’omaggio sia costituito da un bene prodotto dall’impresa che lo dona. Si deve capire, nel caso, se il valore di 50 euro sia da riscontrare in relazione ai costi sostenuti dall’impresa per produrre il bene oppure al valore di mercato del bene stesso (e quindi al prezzo di vendita per l’impresa), come il termine “valore” suggerirebbe.

Sebbene quest’ultima interpretazione sembri più convincente dal punto di vista letterale, sia l’Assonime nella circolare n.16 del 9 aprile 2009, sia l’Agenzia delle entrate nella circolare 34 del 13 luglio 2009 (sebbene in maniera non troppo esplicita) propenderebbero per la rilevanza del costo di acquisto o di produzione, e non del prezzo di vendita, essenzialmente per motivi di semplificazione.

Non sempre, però, questa interpretazione porta alla semplificazione. Si pensi ad esempio ad un’azienda che produce orologi, che dovrà dimostrare che il costo di produzione complessivo del singolo orologio è inferiore a 50 euro: ciò potrebbe non essere semplicissimo e verosimilmente potrebbe dare adito a contestazioni. D’altro canto, l’interpretazione è di favore perché permette di applicare il trattamento fiscale più favorevole a beni il cui valore di mercato ben superiore alla soglia di 50 euro.

La seconda questione riguarda la determinazione della soglia nel caso in cui l’omaggio sia composto da un insieme di beni di diversa natura. È il caso del classico cesto natalizio, che nella maggioranza dei casi è formato da beni che individualmente non superano il valore di 50 euro, ma che nel loro complesso possono dar vita ad un omaggio di valore superiore.

L’Agenzia delle entrate ha chiarito, nella circolare 34 del 13 luglio 2009, che si deve tenere conto del valore dell’omaggio nella sua unitarietà: se, quindi, il valore del cesto, ottenuto sommando i valori dei singoli beni che lo compongono, è superiore ad euro 50, si deve assoggettare l’omaggio alla disciplina delle spese di rappresentanza di cui al d.m. del 19 novembre 2008 (e quindi, in particolare, alla deducibilità nei limiti degli scaglioni percentuali individuati in relazione ai ricavi e proventi dell’impresa ed all’indetraibilità dell’Iva, come vedremo in seguito).

 

GLI OMAGGI DEI PROFESSIONISTI

Anche gli esercenti arti e professioni possono effettuare degli omaggi ai professionisti  propri clienti, classificati, ai sensi dell’articolo 54, comma 5, del T.U.I.R., tra le spese di rappresentanza.

Per la definizione di spese di rappresentanza si deve fare riferimento ancora al decreto ministeriale 19 novembre 2008, ovvero quello già citato a proposito delle spese di rappresentanza delle imprese, con la rilevante differenza che non è previsto, per i professionisti, che gli omaggi di valore inferiore ad euro 50 siano sempre e comunque deducibili.

Inoltre, non sono applicabili agli esercenti arti e professioni gli scaglioni percentuali di deducibilità previsti per le imprese, bensì la percentuale unica dell’1 per cento dei compensi percepiti nel periodo d’imposta (e si ribadisce, per chiarezza, che al raggiungimento dell’1 per cento concorrono anche gli omaggi di valore inferiore ad euro 50).

Perciò, un professionista che consegue compensi per euro 100.000 potrà dedurre spese di rappresentanza per un massimo di euro 1.000, compresi gli omaggi di valore inferiore ad euro 50.

Cerchiamo di riassumere e confrontare attraverso l’ausilio di una tabella la deducibilità degli omaggi in capo alle imprese ed ai professionisti fino ad ora analizzata.

LA DISCIPLINA IRAP

Ai fini Irap non si pongono particolari problemi di deducibilità per le imprese che determinano il valore della produzione netta ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 446/97, utilizzando il principio della presa diretta dal bilancio.

Per i soggetti che, invece, determinano il valore della produzione netta ai sensi dell’articolo 5-bis del decreto legislativo 446/97 (le società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate a norma dell’articolo 5, comma 3, del T.U.I.R, nonché le persone fisiche esercenti attività commerciali di cui all’articolo 51 del T.U.I.R.), si dovrebbe escludere la deducibilità, poiché non è consentita la deduzione degli oneri diversi di gestione, tra cui sono compresi gli omaggi.

Infine, per gli esercenti arti e professioni, gli omaggi sono deducibili nella stessa misura in cui lo sono ai fini delle imposte sui redditi (e quindi secondo
a disciplina delle spese di rappresentanza già esaminata al paragrafo precedente).

 

LA DISCIPLINA IVA

Per individuare il corretto trattamento degli omaggi ai fini Iva occorre tenere presenti delle regole di carattere generale, come quella dell’imponibilità

delle cessioni gratuite di beni (art. 2, comma 2, numero4) del D.P.R. 633/72) e quella dell’indetraibilità dell’Iva relativa alle spese di rappresentanza (art. 19-

bis1, comma 1, lett. h) del D.P.R. 633/72), ed una serie di eccezioni e principi applicabili ai casi concreti.

Il modo più semplice di procedere è distinguere, per prima cosa, se l’omaggio è oggetto dell’attività d’impresa o meno.

Partiamo dal secondo caso. Se il bene che si intende donare non rientra nell’oggetto dell’attività, evidentemente deve essere acquistato con lo scopo

di farne un omaggio: trattandosi di una spesa di rappresentanza, l’Iva non è detraibile ai sensi del citato art. 19-bis1, comma 1, lett. h) del D.P.R. 633/72.

Tuttavia, se il bene è di valore unitario non superiore ad euro 50, la detrazione dell’iva è consentita.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, numero4) del D.P.R. 633/72 la cessione a titolo gratuito non è mai soggetta ad imposta nel caso in esame,

perché:

     è esclusa per i beni per i quali non è stata operata la detrazione dell’imposta (quindi per i beni destinati ad omaggio di valore superiore

ad euro 50);

     è esclusa per i beni di valore non superiore ad euro 50, per i quali l’imposta è stata detratta, per espressa previsione di legge.

Nel caso in cui, invece, il bene sia oggetto dell’attività d’impresa l’Iva è stata detratta, poiché l’acquisto o la produzione del bene sono stai fatti prima della destinazione ad omaggio del bene stesso. Si dovrà, allora, applicare la regola generale dell’imponibilità della cessione gratuita.

A tal proposito, la base imponibile deve essere determinata, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lett. c) del D.P.R. 633/72 in misura pari al prezzo di

acquisto o al prezzo di costo dei beni (non in misura pari al valore normale dei beni stessi). Tuttavia, occorre ricordarsi che la rivalsa non è obbligatoria, perché l’articolo 18, comma 4, del D.P.R. 633/72 stabilisce un’eccezione alla regola dell’obbligatorietà della rivalsa per i casi di cessioni gratuite dei beni.

Ciò significa che l’impresa potrà evitare di chiedere il pagamento dell’Iva al destinatario dell’omaggio, facendosene carico direttamente attraverso una delle seguenti modalità:

     emissione di autofattura per omaggi (da annotare sul registro Iva delle vendite); l’autofattura può essere riferita al singolo omaggio oppure essere riepilogativa degli omaggi effettuati nel mese di riferimento;

     annotazione nell’apposito registro degli omaggi (da compilare con riferimento alle cessioni gratuite effettuate in ciascun giorno).

 

GLI OMAGGI AI DIPENDENTI

Gli omaggi ai dipendenti sono una prassi per molte aziende, soprattutto di una certa dimensione. Essi, tuttavia, non possono essere considerati spese di rappresentanza secondo la definizione del T.U.I.R. e del decreto ministeriale 19 novembre 2008. Negli omaggi ai dipendenti mancano, infatti, la finalità di pubbliche

relazioni e la ragionevolezza, poiché non ci si può attendere un incremento delle vendite e non è con quello scopo che viene fatto l’omaggio.  Ciò non vuol dire, però, che le spese sostenute per i beni da destinare ad omaggio per i dipendenti non siano deducibili dal reddito. Ai sensi dell’articolo 95, comma 1, del T.U.I.R., infatti, sono deducibili anche le spese sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità in favore dei dipendenti.

Quindi, purché non si rientri nelle previsioni dell’articolo 100 del T.U.I.R. (che prevede limiti di deducibilità per spese sostenute in favore dei dipendenti con

finalità di educazione, istruzione, ricreazione, etc…, cc.dd. oneri di utilità sociale), le liberalità in favore dei dipendenti sono senz’altro deducibili dal reddito d’impresa.

Esiste tuttavia l’altro lato della medaglia, ovvero l’imponibilità in capo al dipendente dell’arricchimento provocato dalla liberalità del datore di lavoro.

Poiché ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del T.U.I.R., costituiscono il reddito di lavoro dipendente tutte le somme ed i valori in genere che il lavoratore

percepisce, anche a titolo di liberalità, non vi è dubbio che gli omaggi concorrano, in linea di principio, alla formazione del reddito del dipendente.

Unica eccezione utile, in questo senso, è quella proposta dal comma 3 dell’articolo 51 del T.U.I.R., che dispone l’esenzione per i beni ceduti ed i

servizi prestati gratuitamente in favore dei dipendenti nei limiti di euro 258,23 per periodo di imposta. Si badi, però, che:

     se la soglia viene superata, l’intera somma diventa imponibile in capo al lavoratore, non solo l’eccedenza;

     si tiene conto, ai fini del superamento della soglia, di tutti i beni ed i servizi offerti a titolo gratuito (purché non rientranti nelle previsioni dell’articolo 100 del T.U.I.R.) durante tutto il periodo d’imposta in favore del singolo dipendente, nonché del suo coniuge e dei suoi familiari.

Pertanto, un cesto natalizio del valore, ad esempio, di 100 euro può senz’altro essere regalato a tutti i dipendenti, e costituisce un costo deducibile per l’impresa (fa parte delle spese per prestazioni di lavoro) senza essere imponibile per il dipendente (a condizione che questo non abbia beneficiato di altri beni ceduti o servizi prestati gratuitamente). Un omaggio, invece, di valore superiore a 258,23 euro resta deducibile per l’impresa, ma deve essere imputato al dipendente come fringe benefit per il suo intero valore.

 

I VOUCHER

Una fattispecie particolare, utilizzata nella pratica soprattutto per gli omaggi ai dipendenti, è quella del voucher o buono regalo, che consente al destinatario di spendere una certa cifra presso un esercizio commerciale.

Non si rilevano particolarità nel trattamento fiscale di questi voucher dal punto di vista delle imposte dirette, mentre qualche parola deve essere spesa per il trattamento Iva.

Il caso più difficile è quello dei cc.dd. voucher multiuso, ovvero quelli che consentono una spesa libera da parte del possessore, che può quindi decidere cosa acquistare presso l’esercizio commerciale che ha rilasciato il voucher.

Secondo le indicazioni della prassi, la circolazione del buono è equiparata alla circolazione del denaro (sono semplici documenti di legittimazione, non titoli rappresentativi di merce), e pertanto non è assoggettata ad Iva. Non c’è applicazione dell’Iva, quindi:

      nel rapporto tra la società che acquista i buoni e la società che li emette;

     nel rapporto tra la società che acquista i buoni ed i dipendenti che ne beneficiano.

Diversamente, l’Iva è applicata dall’esercizio commerciale che ha emesso il buono nel momento in cui esso è utilizzato per l’acquisto di beni.

Se hai bisogno di altre informazioni in merito al trattamento fiscale dei tanti usati “omaggi” in questo periodo dell’anno non esitare a contattarci a info@studiodrpalmieri.com